Introduzione critica di Fabrizio Dentice per la mostra presso la Galleria Antonia Jannone di Milano 1999

 

Adriano Pompa è giovane e figlio d'arte. Ed è un pittore dell'immaginario, o per dir meglio dell'immaginazione. Una facoltà, questa, che guarda in su e in avanti, nella possibilità dell'impossibile. Ma, Adriano, lui, si guarda anche dentro, dove prolificano oscure mitologie, parla lo spirito del padre illustre , Gaetano, che fu maestro amato, e passa un vento che viene dai boschi della materna Germania. C'è poi, da fuori, la voce sonora del passato, che è una sirena. Impavido lui resiste alle lusinghe dell'anacronismo,; ma non è sordo, né insensibile all'incanto della grande pittura rinascimentale e all'esempio di probità e pazienza del dipingere antico. Ci sono artisti attaccati alla terra: questo, vola. E non in senso metaforico, ma spaziale. Gli piace di appropriarsi del punto di vista degli uccelli quando migrano, e sotto gli srotola il mondo come un tappeto. Solo volando si abbraccia la continuità del paesaggio. Che in Pompa è sempre ambiguo: qua e la chiazzato di emergenze riconoscibili per sussulti di memorie e d affetti, per il restante sconosciuti e disponibili a ogni sorta di eventi, anche straordinari, come l'incontro con creature impensabili altrove. Ce n'è di varie specie, tutti vitali, talune perfino infarinate di una losca probabilità. Più di una è imparentata con la stirpe degli eroi greci; altre si onorano di ascendenze Boschiane (omaggio doveroso in tema di " Tentazioni di Sant'Antonio" ); o vantano nature meccaniche o robotiche, di grande aiuto nei duelli aerei,(fra San Michele e Satana, per esempio) o altri cimenti. Ma in quei paesaggi misteriosi e corrugati, tessuti di fitte pieghe, di minuti e fantasiosi dettagli, si annidano anche misteriose città modello, e ci si imbatte in mostri molto speciali, che sono enigmi senza risposta. Ci vuole un bello stomaco, certezza di motivazioni, davanti alla squisita provocazione che per ogni artista e la parte più nobile del cavallo, per voltare le spalle e mutare la testa di un destriero o di un Pegaso in un cilindro appiattito e cieco. E che creatura èquesta , che un tempo fu l'uccello di Atena, ma non ha più occhi ne rostro, ma solo una feritoia in una testa che si è fatta un disco di metallo? Se lo domandi, lui risponde con un'alzata di spalle; sono sogni e basta. I suoi signi. Da sveglio. I sogni di un pittore che sogna forme. E ha l'ardimento di riappropriarsi del colore dell'oro, banditonella pittura occidentale da cinquecento anni. Una scelta assertiva al limite dell'arroganza, un fulgore con valenze brbariche …Quasi uno scandalo. Ma Adriano Pompa è anche questo. E gli artiti bisogna lasciarli fare.

 

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