"Let Your Soul Be Your Pilot".

I paesaggi 'volanti' di Adriano Pompa

Lorenzo Fusi

 

Il lavoro di Adriano Pompa è imperniato su una dicotomia interessante. Si tratta di un gioco di contrasti o, per meglio dire, di una sorta di frizione interna. È come se l'artista avvertisse una forte pulsione, alla quale però stenta a cedere. Da una parte la 'tradizione', ricca di richiami ed evocazioni, conduce Pompa verso un ormai noto registro, ambito nel quale si sente totalmente a suo agio e all'interno del quale si muove con piglio disinvolto. Occhieggia, così, alle piene volumetrie di un Paolo Uccello e ai fondi oro di scuola senese, imbevendoli di citazioni sospese fra l'onirico e il metafisico. Dall'altra Pompa percepisce i limiti di un linguaggio figurativo ormai ampiamente indagato e sviscerato ma, a me pare, solo ultimamente metabolizzato. L'arte di Adriano Pompa ha seguito i ritmi di una novella bottega medievale. Un lungo apprendistato che lo ha visto confrontarsi con 'titanico' coraggio con i più alti esiti della storia della pittura. Uno studio vero e profondo, che ne ha forse intimidito la creatività, nel momento in cui l'artista ha cercato di affrancarsi dalla tradizione. Pochi, fra gli artisti delle ultime generazioni, hanno raggiunto una pari perizia tecnica. Forse nessuno ancora oggi conosce i 'segreti' della lamina d'oro, del bulino o della punta secca. In questo Pompa può senza dubbio considerarsi un artista 'd'altri tempi'. L'ambiente nel quale egli lavora ricorda lo studio di un miniatore o una classe di cesello. L'atelier di Pompa è come un microcosmo di tubetti di colore a olio ben spremuti e di piccoli bronzetti. Un alveo di fogli tratteggiati con mano esperta e sicura. Un deposito di prove insistite e di incaponimenti. A lungo Adriano è stato in qualche modo oppresso da una duplice eredità: quella della storia dell'arte e quella lasciatagli dal padre Gaetano, anch'egli pittore e scultore. Il lavoro dei due Pompa è molto vicino. Adriano ha seguito con entusiasmo ma anche, io credo, in maniera conflittuale le orme paterne. E qui arriviamo alla dicotomia di cui dicevo all'inizio: così come l'opera di Gaetano Pompa ha avuto, come in pochi sanno, una specie di deviazione o fascinazione per la pittura Informale negli anni Sessanta, così il figlio sta da tempo (e ora in maniera sempre più convincente) sperimentando un progressivo allontanarsi dalle strettoie della figurazione. Di fatto gli elementi che compongono il vocabolario pittorico di Adriano Pompa sono ancora percepibili. Ma la loro articolazione è diversa e si declinano secondo nuove cadenze. Penso in particolar modo a Grande sinfonia spaziale (2004), forse il quadro più bello realizzato dall'artista. Con quest'opera Adriano Pompa sembra aver finalmente combattuto e vinto i propri demoni. Siamo certi che avrà il coraggio di lottare a tutto campo…

Info +39 02 48017148 

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